Incastonata tra il grande golfo e la pianura friulana, la laguna di Grado è un vasto microcosmo anfibio che si estende dalle foci del fiume Isonzo sino a quelle del fiume Ausa-Corno, solcata longitudinalmente dall’idrovia litoranea veneta.
E’una zona umida ricca di fascino e di sfaccettature naturali, costituita da un alternarsi di terreferme paludose e da isole, molte delle quali artificiali, su cui un tempo abitava una nutrita comunità peschereccia, nella stretta correlazione con la vita dell’isola principale: Grado.
La laguna di Grado è stata via via colonizzata, al tempo delle calate unne e longobarde, dai transfughi dell’agro Aquileiese, appaiando così la sua storia a quella di molti centri dell’altro Adriatico -come Altino– che avrebbero poi determinato la fondazione di Venezia.
Numerosissime difatti sono le testimonianze storiche e archeologiche che custodisce, al di sopra e al di sotto del pelo dell’acqua. E altrettanto numerosi sono i cenni dell’uomo contemporaneo, che ha saputo interpretare la mutevolezza di quest’ambiente soggetto alle variazioni di marea, integrando la sua presenza nell’ambiente naturale.
Difatti i casoni, le tipiche abitazioni lagunari costruite sopra gli isolotti, sono delle costruzioni di natura affine a quella dei villaggi palafitticoli e, costruite con materiali vegetali reperiti in loco, si mimetizzano alla perfezione nell’ambiente naturale. Anche la tecnica di pesca si è sviluppata appositamente per questi spazi, caratterizzati da canali e da bassi fondali, attraversabili unicamente con imbarcazioni a basso pescaggio.
In un viaggio ideale lungo le vie lagunari, non di rado, durante le giornate più terse, si può apprezzare il discreto baluginio dell’Adriatico, che apre verso Trieste e Venezia, mentre sullo sfondo la teoria dei gioghi alpini innevati incornicia l’ambiente marittimo e, nel contempo, agreste.
Togliendo letteralmente il fiato.
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